giovedì 12 dicembre 2013

Bova Marina 22 dicembre.

Era nata proprio il 22 dicembre e registrata al Comune nello stesso giorno.
Era nata col freddo e con la fame, mentre suo padre  Domenico  era confinato politico  da
circa 5 mesi destinazione Lampedusa e la madre, Melina, la teneva tra le braccia
e piangeva. Infatti lei doveva lavorare, aveva già due figli da badare, doveva
alzarsi all'alba tutte le mattine, per andare a fare il pane nella panetteria di don
Micuzzu, detto Cciocca , quella bambina non ci voleva....
Con quel poco che guadagnava, una lira, un pane ed un panino al giorno, Melina
doveva mantenere la famiglia e pagare l'avvocato per far tornare a casa il marito.
Altra complicazione, Melina non poteva allattare la figlia, perchè le privazioni e i
dispiaceri, le avevano tolto il latte e la prima pastina per la piccola gliela aveva regalata
donna Carolina, sua  vicina e compagna di scopa e briscola nelle serate d'inverno.
Teresa, ogni tanto veniva a prenderla la nonna materna e la portava in campagna
Marucumbo, di cui mantiene qualche ricordo, risalente ai tre anni.
Per esempio ricorda bene le tre zie, Bruna, Peppina e Matilde, che la coccolavane e le
volevano bene.
Bruna, aveva scelto di andare a Tripoli , come tante altre giovani, per fare la sarta ;
Peppina restò coi genitari per tanto tempo ancora, fino a tanti anni dopo, quando
alla nascita del secondo figlio, morì di parto per l'incuria della levatrice e del medico.
Matilde, era andata a Roma per fare la cameriera ,raccomandata presso una
famiglia bene.
Questo era successo quando Teresa aveva tre anni, ed era uno dei primi ricordi,
Perchè Melina , visto che andava nella capitale le regalò un paio di zoccoli,
Aveva comprato solo i legni però, perchè le strisce di tela le fece lei con la macchina
da cucire e poi le attaccò con dei chiodini comprati apposta.

Quando aveva quattro anni (aveva ancora i riccioli biondi, come si vede dalla sua
prima fotografia) un altro ricordo indelebile, ma di lutto stavolta.
Era arrivata notizia, infatti, che era morto in guerra, in Grecia lo zio Ciccillo,
fratello di sua madre, che disperata piangeva e gridava :" Fratello mio
disgraziato"
Ma come, pensava Teresa, è morto e gli dice pure queste parole?, perchè ai ragazzi
"disgraziato" lo urlava per rimproverarli quando la facevano disperare.
Di Bova  ricordava anche due militari, che abitavano in una camionetta sotto la finestra
della sua cucina, di cui uno si chiamava Manone , era emiliano e si era affezionato a lei
perchè aveva due figli maschi e gli sarebbe piaciuto avere una bambina come lei.
Quando cucinavano dentro la camionetta,  attraverso la finestra arrivavano certi odorini....
e Manone chiamava: Teresa, ti piace la provola, ti piace la mortadella?
Siiii, risponeva lei e andava a mangiare delle cose buone, ed era contenta.
Non era contenta Melina però, perchè pensava che la camionetta potesse attirare
le bombe. Anche perchè, diceva, da una parte c'era il Municipio, dall'altra l'istituto
delle suore, e la sua casetta in mezzo, magari sarebbe presa in pieno e distrutta!
 Le suore infatti, dove Teresa andava all'asilo, stavano proprio di fronte a casa sua,
e aiutavano come potevano Melina, tenendole i bambini quando doveva andare in campagna,
a Marucumbo, e tante volte facevano dormire la famigliola  da loro, specie se gli aerei
passavano rombando sul paese. Allora si univano i tavolini dove mangiavano i bambini
dell'asilo, si mettevano sopra dei materassi, preparando alla meglio dei lettini.
In seguito, nel dopoguerra, quando in paese c'era tanta fame, mentre, in campagna
Marucumbo, dove Melina, i figli e Domenico tornato dal confino, si viveva  con
più roba da mangiare, più volte  Domenico  aveva portato l'asino pieno di viveri per
le povere suore, che ringraziavano felici.
Non erano certo generasità dettate della simpatia verso il clero, ma dettate da un vero
senso di umanità  e di bontà verso quelle donne abbandonate da tutti, che avevano poco o
niente da mangiare.
Questi i ricordi più lontani, ma ancora vivi nella memoria.

C'era una ......volta

lunedì 25 novembre 2013

RICORDI



                    Ai trasparenti approdi dei ricordi
                          tornano sere estive e profumate

                     zagare bianche, bianchi gelsomini
                           arrampicati sui muri delle case.

                      Sull'aia il grano giallo come l'oro
                            va contro il vento per farsi mondare,

                       tra i solchi erbosi il cinguettio d'un volo,
                            un canto, in sintonia con le cicale.

                        Una bambina coi capelli al vento,
                             poche parole, brillanti occhi neri,

                        sogni, speranze, dolce il suo sentire:
                              desio di navigare e di partire.

                                                       teresa

domenica 20 ottobre 2013

ENOTRIO : U PAISANU

U Paisanu.



Avi n'annu chi staju a nu paisi

mmenzu a genti chi campa mu guadagna,

duvi non trovu mai nu calabrisi,

duvi la vita mia passa sulagna.

Na dominica nesciu e nta na strata,

vacantuniandu, ncuntru nu cristianu

chi parra cu n'amicu e la calata

mi pari di li parti di Surianu.

Cu lu cori chi junta, all'ammucciuni, nci spiu:

vui  no siti paisanu?

Mi guarda : - tischi - toschi?  E lu cazzuni, si menti pemmu parra talianu.

lunedì 30 settembre 2013

Traduzione della poesia a Pasquino.

                             A Pasquino

Caro Pasquino, degno professore

avevi il cuore più grande del mare

per la Calabria sei stato un fiore

stella splendente tra tante stelle rare.

Non so se i versi miei hanno valore,

son stati scritti in momemnti amari:

ora che sei insieme con il Signore,

caro Pasquino non ci abbandonare.

Perchè sei stato un uomo di buona razza,

e nel mondo ti sei fatto amare.

Hai inventato pure i "poeti in piazza"

e, in quelle sere assai particolari,

portavi sempre un poeta in braccio,

come fa un padre con i suoi figlioli.

Antonio Zurzolo.

                

Caro Pasquino

Pubblico, col suo permesso, una poesia di Antonio Zurzolo, dedicata a Pasquino.


                     Caro Pasquino,
degnu professuri, ndavivi u cori cchiù grandi du mari,

pa Calabria fusti nu fiuri, stidda lucenti nta li stiddi rari.

Non sacciu si i versi mei ndannu valuri,

ca furu scritti nta momenti amari:

ora chi ssi ansemi c'ù Signuri,

caru Pasquino non ndi bbandunari.

Ca fusti nu cristianu i bbona rrazza

e nta lu mundu ti facisti amari

mbentasti puru li "poeti mpiazza"

e, nta gli siri assai particulari,

portavi sempri nu poeta mbrazza,

comu faci nu patri e sò cotrari.

lunedì 9 settembre 2013

SAN PASQUALE (dedicata a Cristina mia cugina)

Tra i capelvenere e il verde muschio scuro,
correva l'acqua nel piccolo canale,
accanto al fico, al bergamotto, al pruno
e al melograno coi suoi rossi fiori.
        
      A piedi nudi nell'acqua gelata
      attente alla gonnella che si bagna,
      di corsa, poi salir per la vallata:
      l'estate mia era quella, alla campagna.

Mi eri compagna tu, gli stessi anni,
la stessa voglia, tanta, di giocare,
correre divertirsi e litigare,
tra gli oleandri rosa a San pasquale.

      A volte poi il grammofono suonava
      "fontana muta, c'è una chiesetta amor, la paloma":
      a quella melodia noi si ballava,
      musica dolce che ricordo ancora.

C'eran mattine che all'alba ci si alzava
per raccogliere i capperi spinosi,
l'odor di nepetella ci inebriava,
su per i campi e le valli odorose.

      C'erano i nonni allora e tanti zii
      tenero il cuore e dura la parola:
      la nostra fanciullezza c'era allora
      e la felicità fatta di poco
      ma il nostro grande affetto dura ancora.

mercoledì 28 agosto 2013

Addio a Pasquino.

Su fb ho scritto un ricordo di Pasquino, qui rammento per quelli che avevano letto la mia lettera per lui, che Pasquino ci ha lasciati il 19 agosto di quest'anno . Quasi tutto il paese era al suo funerale e non solo. Amici, giornalisti, poeti e personalità son venuti a salutarlo.
L'intero n.35 della "RIVIERA", del 25 agosto 2013, è stato dedicato a lui, con scritti di amici,
giornalisti , letterati. Tanti ricordi da parte di tutti quelli che lo hanno apprezzato e gli hanno voluto bene. Ancore ciao Pasquino.

domenica 7 luglio 2013

I Granchi.

Sempre a Marucumbo, per riprendere un verso della poesia già pubblicata, racconterò la storia dei granchi.


Un giorno mia mamma Melina, mandò me e mia sorella Cristina (Chicca), a circa un chilometro di
distanza, verso la fiumara, che essendo estate era quasi asciutta.
Come dicevo fummo mandate, da alcuni parenti di mio nonno Saverio, non mi ricordo per quale
ambasciata.
Andate e tornate presto, ci disse Melina.
Attraverammo tutta una vigna, alcune case sparse per la campagna, un uliveto che non finiva mai,
e quindi stanche e accaldate arrivammo a destinazione.
Fatta la commissione, ci avviammo per il ritorno, cambiando strada, per fare meno salita,
risalimmo lungo la fiumara.  L'acqua era poca, ci bagnavamo i piedi, proseguendo lentamente,
accaldate, assetate, già stanche.
Improvvisamente, da sotto un sasso ecco sbucare un granchio, poi un altro, poi un altro.
La stanchezza scomparve, l'entusiasmo della caccia rinnovò le forze e, tirate su le gonnelline,
incominciammo a riempirle di granchi.
Il tempo volava via, ma noi non facevamo caso, sempre più attive nella caccia, il sole alto
bruciava e una voce si sentiva lontana lontana che chiamava, chiamava........Chicca, Teresa.....
Di colpo riconoscemmo la voce della mamma, che urlava da uno strapiombo i nostri nomi.
Rispondemmo, gridando anche noi  e poi di corsa, affrontando la salita col cuore nero,
presagendo le botte che puntualmente arrivarono, un pò di più  a Chicca che era la grande,
dieci anni, un pò meno a me che ne avevo sei.
La cosa ebbe un seguito perchè, prima  di rientrare in casa, eravamo passate dall'orto dove
buttammo i granchi che correvano di qua e di là spaventando le galline che si misero a
schiamazzare a più non posso: co  co  co  co  co  co...
Mia nonna Teresa era sbalordita: ma che hanno le galline, sono impazzite?
Andò nell'orto e vedendo tutti sti granchi, che cercavano riparo, spaventati a loro volta
dalle galline, pensò che erano del vicino e così chiamò Bruno: sono i tuoi questi granchi?
Si, disse lui, felice dell'inaspettato bottino, li raccolse ad uno ad uno e se li portò via,
mentre io e Chicca, non avendo il coraggio di protestare, ci guardavamo senza parlare,
dispiaciute per la perdita dei nostri granchi, che tra l'altro ci avevano procurato una bella
punizione.

martedì 18 giugno 2013

MARUCUMBO



Marucumbo è una campagna sperduta dalle parti di Palizzi Superiore, dove ho trascorso, insieme alla mia famiglia, la mia dolce infanzia dai cinque agli undici anni, subito dopo la seconda guerra
mondiale e dove, mancando la scuola, l'unica maestra era la Natura, che stimolava sogni e fantasie,
pensieri e desideri.

( Riconoscimento speciale al "Premio internazionale di poesia -Delia- Città di Bova Marina)


                                                             MARUCUMBO

Di Marucumbo mi ricordo ancora
e dei miei anni giovani di allora
   era il mio mondo, era il mondo intero
   era l'età dell'oro e del pensiero.
Ricordo ancora quel ventidue gennaio,
quando due bimbe, sole nella notte,
   andavano alla luce delle stelle
   tra vecchi ulivi dai rami contorti:
-Venite donne, preparate le fasce,
c'è una donna che soffre, un bambino che nasce-.
   Fischiava il vento e turbinava il gelo
   sotto le querce dalla chioma scura
ombre e rumori, per noi, lungo il sentiero
eran giganti da farci paura.
   E quando nel ruscello scendevamo,
   a prender l'acqua con la brocca in testa
Si attraversava la grande foresta
e cantavamo....la voce alta e sicura
il cuore colmo di sogni e di avventura.
   E quella volta poi, nella fiumara
   a catturare i granchi sotto i sassi,
il sole e la sua arsura ci bruciava
e il mormorio dell'acqua ci distrasse:
   saltando qua e là non sentivamo
   la voce della mamma che chiamava.
Ricordo poi la vigna e i suoi filari
e di zibbibbo i grappoli maturi,
   i fichidindia, i grilli, le cicale
   l'aria infuocata, carica di odore
   di nepetella, che ancor m'inebria il cuore.
A piedi nudi, sui morbidi prati,
raccoglievamo bianche margherite
e papaveri rossi tra il frumento;
   noi sognavamo di andare via col vento,
   volare in alto, in alto su nel cielo
   a cavalcioni sull'arcobaleno.
A Marucumbo e a come aravamo
corre il ricordo e la memoria mia
   come acqua che zampilla e va lontano
   e .... ancor mi perdo nella nostalgia.

domenica 21 aprile 2013

SIAMO TUTTI SOGGETTISTI - Finale.(Seconda parte)

                                   ANTONIA E L'AMORE.

Una ragazza Calabrese TERESA LARIZZA di Bova Marina , ha vinto con un finale che 
conclude con forza drammatica e assoluta coerenza psicologica, la vicenda di Antonia e Adria,
in un paese del  Sud. ( NOI DONNE - Settembre 1961)
    

.......Una sera dalla strada nuova arriva in paese una compagnia di saltimbanchi.
I ragazzi passano subito la voce e la gente si raccoglie nella piccola piazza, dove i carrozzoni,
rumorosi e un pò sgangherati, prendono posto alla meglio.
Mentre i girovaghi cominciano a sistemare il tendone, ognuno osserva e fa i suoi commenti.
Antonia pensa di adoperare anche quell'occasione, per mandare avanti i suoi progetti: esce
insieme con Adria e Nino e va anche lei ad osservare i preparativi dei saltimbanchi.
I paesani  commentano in vario modo la passeggiata dei tre. Adria, mesta e silenziosa, segue la
suocera e il cognato, come rassegnata. A poco a poco, tuttavia, la vivacità della gente del circo
la attira e le strappa qualche leggero sorriso.
A casa, una grossa sorpresa attende Antonia, Adria e Nino: Nicola è tornato. Antonia è
sbalordita : muta, guarda suo marito senza nemmeno credere ai suoi occhi. Nicola è più magro,
più vecchio e, sembra, più stanco. Malgrado le sue esitazioni, non è difficile scoprire che è stato rimpatriato dalle autorità australiane con il foglio di via come "indesiderabile".
Ma Antonia, che l'ha tanto atteso, non fa nemmeno attenzione  a queste cose: dopo il primo
momento di sbalordimento, stringe a sè il marito, felice e appassionata.
Passano i giorni. Antonia ha allentato un pò la sua pressione su Adria; adesso deve dedicarsi
tutta al marito, assisterlo, fargli sentire il suo amore.
Nicola si riprende rapidamente: a mano a mano che riprende le forze, ritorna quello di un tempo.
Con qualcosa di cattivo che una volta non aveva, però.
Forse la vita in Australia l'ha indurito: da spensierato l'ha fatto cinico.
Racconta sempre storie colorite del suo soggiorno all'estero. Sono storie ambigue, forse non vere.
Antonia ne è sconcertata, sente che suo marito le sfugge, in un modo diverso da come avveniva
un tempo.
Adria si accorge che Antonia non le è più addosso come prima, sente di aver acquistato un pò di
libertà, davvero insperata e ne approfitta.
A sera si reca con le vicine ad osservare quelli del circo ed ad ascoltare i dischi che vengono suonati
prima dello spettacolo.
Le occhiate di un giocoliere, giovane come lei, forte e vivace la attirano: ella le ricambia di soppiatto.
Ma Nino non ha abbandonto il suo  compito di guardia, anche se sua madre non lo spinge più a
sorvegliare Adria, egli si sente ormai responsabile  della ragazza dinanzi a tutto il paese; si sente
uomo e poi si è forse convinto di essere innamorato.
D'altra parte  c'è adesso Nicola che con i suoi consigli, lo incoraggia sulla strada della spavalderia.
Adria sente che gli occhi di Nino le sono sempre addosso, capisce che da un momento all'altro
il ragazzo potrebbe combinare qualche guaio.
D'improvviso, una mattina, arriva l'agente delle assicurazioni: Adria, dopo aver messo giù qualche
firma, riceve l'assegno. In casa c'è molta allegria: Antonia a tavola si mette a far progetti a gran voce.
Ora sono tutti insieme, hanno i soldi, si faranno la casetta.
Nicola non ha tolto gli occhi da quel pezzo di carta, che  Adria, nè triste nè allegra , lega in un
lembo del fazzoletto. L'arrivo dell'assegno l'ha messa di nuovo dinanzi alla realtà: Antonia non ha
dimenticato quei soldi; ormai è chiaro che anche Nicola li desidera e Nino è lì pronto per
sposarla e assicurare così il denaro alla famiglia.
Quella sera stessa, con il cuore in tempesta, Adria scende alla piazza: malgrado tutto, quell'assegno
nel fazzoletto la fa sentire più forte.
Così, quando incontra Sandro, il giocoliere, gli sorride apertamente. Questi, come se l'aspettasse,
le fa scivolare in mano un biglietto. Ma il gesto non sfugge a Nino, che, non visto, aveva seguito
la cognata come al solito. Il ragazzo balza accanto ad Adria e, con fare brusco, le ingiunge di
tornare a casa. Ma Adria, in un impeto di ribellione, dinanzi al gruppetto dei paesani che si è
già raccolto lì attorno, gli appioppa uno schiaffo.
Nino rimane senza parole, per la rabbia e la sorpresa: poi con la forza trascina via Adria, mentre la gente mormora, disapprovando naturalmente il gesto della ragazza.
A casa, intanto, Nicola e Antonia discutono aspramente. Antonia è ormai cosciente del peggioramento del marito; capisce che egli presto o tardi, finirà per andarsene di nuovo.
Nicola pensa soltanto ai soldi di Adria e questo dispiace ad Antonia: improvvisamente ella sente
che quel denaro rappresenta un pericolo; invece di aiutarla a riavere il marito, come aveva pensato,
quel denaro le farà del male.
Giungono Adria e Nino. Appena Nino racconta quel che è successo, scoppia naturalmente il
finimondo. Antonia dimenticando tutto per un momento, esplode in una delle sue caratteristiche
sfuriate, quasi volesse ristabilire la sua autorità.
Nicola si unisce subito a lei: tira in ballo l'onore della famiglia, "deriso per colpa della ragazza",
afferma  che Adria è una sciagurata e ribadisce, furibondo, la necessità che ella sposi subito Nino
e metta così a disposizione della famiglia i soldi dell'assicurazione.
Nino gongola, ma la reazione di Adria è assolutamente diversa da quello che ci si sarebbe potuto
aspettare. La ragazza, infatti, si scatena come una tempesta: tutta la sua amarezza mal repressa,
le sgorga spontanea dal cuore ed ella la grida in faccia ai congiunti. Per troppo tempo ha
sopportato, ma ormai basta: Nino non lo sposerà mai, dovessero ammazzarla per questo.
Antonia ascolta in silenzio la sfuriata della ragazza e, a poco a poco, in fondo ai suoi occhi nasce
uno sguardo di ammirazione: sembra esser lei, Adria, con la sua volontà di ribellione, la sua vera
figlia e non Nino, pronto a decidere quel che gli altri decidono per lui e a lamentarsi quando non
riesce nei suoi intenti.
Ma Nicola è di diverso parere. la resistenza di Adria non gli piace affatto, quindi urla di nuovo la
sua decisione di vedere a disposizione della famiglia i soldi.
Ma Nicola è didiverso parere. La resistenza di Adria  non gli piace affatto, quindi urla di nuovo
la sua decisione di vedere a disposizione della famiglia i soldi. Ma quei soldi stessi, raggruppati nel
fazzoletto, Adria glieli tira in faccia subito. Poi esce, quasi scappando, per ritornare sulla piazza.
La gente che la vede passare non nasconde la sua ostilità per quel suo atteggiamento ribelle:
Adria, quasi a sfidare tutti, cammina a testa alta , ma sente già le lacrime pungerle gli occhi.
Sandro è seduto sulla breve scaletta del carrozzone a rammendare un costume, per prepararsi allo
spettacolo. Quando vede la ragazza la chiama e le sorride. Adria tenta anch'ella di sorridere e di
dire qualcosa. Nino, che anche questa volta l'ha seguita, si avvicina rapido. Le persone presenti
ormai si abbandonano a odiosi commenti a voce alta; Sandro, disgustato, grida: "lasciatela stare".
Nino, esasperato, balza avanti con un coltello aperto. Ma in quel momento la gente , dopo un
sordo mormorio, ammutolisce di colpo: arriva Antonia, fiera come una leonessa. A mano a mano
che ella si avvicina, la gente le fa largo, ora, tutti pensano , scoppierà il finimondo, chè anche
Nicola si avvicina minaccioso.
Ma Antonia non parla, guarda in giro, diritto negli occhi la gente e poi si avvicina ad Adria.
La ragazza si volta e gli sguardi delle due donne si incrociano, fitti e vicini. Poi Antonia tende la
mano, in un atteggiamento a lei insolito ed asciuga la guancia della ragazza, umida di pianto.
"Eravamo tutti contro di lei", mormora , "ma forse è lei che ha ragione". La gente è
disorientata, Nino china il capo, Nicola furtivamente si allontana.
Antonia, dopo un momrnto, prende Nino per un braccio, bruscamente ma con affetto e mormora:
"andiamo a casa". Madre e figlio si allontanano, tra la gente,che non osa fa commenti, mentre
Adria rimane, immobile, vicino al carrozzone di Sandro.
A casa, tuttavia, Antonia troverà l'ultima amara sorpresa. Nicola non c'è più e con lui sono spariti
i soldi dell'assicurazione. "Credevo che le mie fatiche fossero finite. Ora dovremo cominciare da capo
Nino" è la sola frase che la donna , rimboccandosi le maniche , sa dire.

                                                     FINE


Questo primo premio, assegnatomi dalla giuria di "NOI DONNE", nell'agosto 1961, mi
portò a Venezia, durante il Festival del Cinema, festeggiata da un centinaio di ragazze, arrivate
da tutta Italia, e alla presenza di Vittorio de Sica, Alberto Sordi. Dino de Laurentiis,
Marisa Merlini, Alida Valli e Anna Magnani che avrebbe dovuto intrpretare il ruolo di Antonia.
.

domenica 10 febbraio 2013

Siamo tutti soggettisti.

Su una rivista che leggevo ai tempi è stato pubblicato un concorso: "Siamo tutti soggettisti."
Due sceneggiatori: Pasquale Festa Campanile  e Massimo Franciosa iniziano la trama di un soggetto,
i concorrenti dovranno dare un credibile finale.
La rivista si chiamava "NOI DONNE" (ora non esiste più), e la trama dei due sceneggiatori , col titolo " Antonia e l'Amore " inizia così:

In un paese del Sud, vive Antonia, una donna fiera, appassionata e tenace, con i suoi sette figli.
Il marito, Nicola - un uomo aitante e allegro,  un dongiovanni amato da tutte le donne del paese -
è emigrato da sei anni in Australia.
Antonia, pur non avendo dimenticato i suoi difetti, lo ama e lo desidera sempre: sarebbe felice se tornasse.
Uno dei figli di Antonia, Peppino, si innamora di  Adria, una ragazza giovane e testarda.
Antonia dapprima è contraria al matrimonio, perchè Adria è poverissima e aggiungerebbe miseria
alla miseria di Peppino, ma poi, dinanzi alla passione dei due giovani e per  dimostrare a tutto il paese
che è lei che decide ( e non i genitori di Adria , anch'essi contrari alle nozze), cambia parere a
acconsente  a che Adria e Peppino si sposino.
I due vivono felici per qualche settimana: poi Peppino che ha trovato lavoro nella costruzione della
nuova strada, viene travolto e ucciso da una escavatrice.
Antonia, Adria e la famiglia piombano nel dolore più atroce.
Ma ecco la sorpresa: un giorno arriva la notizia che Adria ha diritto a riscuotere l' assicurazione
per l'infortunio di Peppino: un milione, forse due. La notizia scatena una ridda di contrastanti
interessi. I genitori vorrebbero riportarsi Adria ormai ricca , a casa.
Ma Antonia è di diverso parere: l'assicurazione è per la morte di suo figlio e deve rimanere a casa sua.
Antonia aspira tanto più a quel denaro, in quanto ha saputo che Nicola è malato, è stato anche  in
galera, e vorrebbe tornare in Italia, se avesse i mezzi. Per Antonia quindi, quel denaro significa il marito. Per imposessarsene , ella pensa, c'è un solo mezzo sicuro: far sposare Adria ad un altro dei
suoi figli. Michele, già fidanzato, non vuol saperne.
Carmelo che è in seminario, rifiuta la proposta della madre di tornare al paese. Non rimane che
Nino: un ragazzo più giovane di Adria. Antonia sparge  in paese la voce che i due si sposeranno,
li lascia soli ogni volta che può, spinge Nino  a sorvegliare  senza tregua la ragazza e a recitare
dinanzi a tutti la parte del protettore. Nino si immedesima nella parte, segue la cognata
giorno e notte, le fa continue scene di gelosia. La gente del paese non approva  i progetti di
Antonia, ma condannerebbe Adria se ella si ribellasse con un colpo di testa , violando le regole
del paese. Adria è disperata: teme la condanna del paese e, d'altra parte, non sa come sfuggire alla
stretta sorveglianza cui Antonia e Nino la sottopongono. Il tempo stringe: Antonia sembra aver vinto
la sua battaglia.



Vuoi trovare anche tu un finale?

martedì 15 gennaio 2013

                  Sono quasi 15 anni che Salvatore Noto ci ha lasciati per sempre.
           Durante la sua malattia gli ho scritto una lettera mai spedita; oggi,
            per questa ricorrenza la pubblico sul mio blog.

              Caro Salvatore,
questa letterà che non spedirò mai è scritta per te,
per ricordarmi del tuo affetto, del tuo calore umano, disinteressato e sincero.
Quando eravamo insieme, tu, Palma, Paolo, Maria
io e Franco, a tavola in una festa o al mare,
la tua bontà era palpabile, non ti arrabbiavi mai.
Appianavi le discussioni, che non erano nella tua natura. Dal tuo sorriso appena percettibile, traspariva la tua serenità, la tua gioia di vivere e di
esistere. 
Ora so che questo bene della salute ti sta sfuggendo, ti scivola via dalle dita e nulla e nessuno ti può aiutare.
Ora ti rifugi nella solitudine, l'amara solitudine di
chi vuole soffrire in silenzio e non esiste conforto;
stai perdendo la speranza, stai perdendo la vita.
Noi tutti che siamo stati amici tuoi, amici di giorni felici e sereni, ti pensiamo ogni giorno; sei lontano
ma è come se fossi tra noi ed amaramente assaporiamo questa cruda realtà e ci struggiamo di tenerezza per te che sei lontano e sempre più ti
allontani da noi.
Le giornate ora sono diverse, la felicità di quei giorni ora è solo rammarico di non averla considerata pienamente, di averla vissuta poco
intensamente, perchè sembrava non dovesse finire
mai. E' finita invece, non ritornerà mai più, anche
noi, tuoi amici, abbiamo smarrito un pezzo della nostra vita.
Se i sentimenti si potessero sentire, allora sentiresti il nostro affetto intorno a te, anche a 
distanza.
Ti pensiamo, ti ricordiamo con struggimento, per
questo destino crudele che ti è toccato ancora giovane.
Vorremmo esserti vicini, ti siamo vicini con la mente, col cuore, col pensiero.
Ci stringiamo a te a Palma, ai tuoi figli. ti vogliamo bene. 
Teresa.
            
          


                                               L'attimo fuggente.
              


                      Viver la vita è un piccolo momento,
                       in una eternità che non ha fine.
                             Solo un sospiro o solo un tormento,
                              una stella caduta tra le spine.
                        Sei un cuore chiuso in una morsa dura
                        un nodo che ti stringe e ti fa male
                               anche se è bella e splende la natura,
                               tu non la senti, non guardi, non la vedi.

giovedì 3 gennaio 2013

San Pasquale

                                                      SAN PASQUALE
                                                       (frazione di Bova Marina)


Anche quest'anno sono andata a San Pasquale, fino al Cunicolo.
Naturalmente in macchina, chè non sono più i tempi dall'andare
a piedi, dietro l'asino del nonno o degli zii.

San Pasquale per me è nostalgia, ricordo della fanciullezza, quando
c'erano ancora i nonni e tanti fratelli di mio padre, oltre a l'unica
sorella, Caterina.
La casa, sulla collinetta di rimpetto al palazzo del Barone, piena di
fiori ai lati della porta: malvarosa, balichi e sposa novella bianca e
viola.
Davanti, uno spiazzo dove si correva, più in là le stalle.
Poi, la lunga scarpata, delimitata da un muro a secco, piena di
fichidindia e di robinie, giù, giù fino al giardino.
Il magnifico giardino di bergamotti, la ricchezza tangibile di tutta la
famiglia e poi, arance, mandarini, limoni e melograni dai sapori
naturali e forti. La nonna aveva piantato anche le rose millefoglie, dal
profumo intenso e delicato.
E poi l'orto, con pomodori, peperoni, insalata e le piante dei fagioli,
appena nate, da non pestare , andando per nidi sugli alberi!
Bene, allora si andava a piedi di mattino presto o all'imbrunire, oggi
si va in macchina e sarebbe comodo, anche per noi che non abbiamo più
lo spirito di avventura di allora, se non fosse che la strada è tutta piena
di buche, fosse e sassi.
C'è tanto abbandono, eppure gente che va e viene se ne vede tanta;
i giardini e gli orti sono ben coltivati e rigogliosi  e tante famiglie
ci abitano tutto l'anno, con  coraggio e attaccamento alla propria terra.
Inoltre c'è il richiamo dell'acqua del Cunicolo, per chi non ha dimenticato
il buon sapore dell'acqua sorgiva, appena appena resa amarognola dalle
radici degli oleandri
Spero che San Pasquale ritorni agli slpendori del passato, ma ci credo poco.