lunedì 31 dicembre 2012

continua.....

Dunque la Banda coi suoi piatti la grancassa, gli ottoni  e via dicendo continuava: " Bandiera rossa la trionferà..."...
Ormai eravamo giunti sul sagrato,  ma la Banda doveva pur finire il pezzo e non smetteva di suonare.
Allora il parroco, che si era fatto piccolo piccolo, entrò in Chiesa e, quando tutti fummo entrati,
da grande uomo, quale era, non ha fatto solo la benedizione, ma una Messa Solenne e Cantata, con
tutti i sacri crismi.

domenica 30 dicembre 2012

La partenza di mio padre.

                             La partenza di mio padre.

Era il 18 gennaio 1987, mio padre a Bova Marina era ormai solo, dopo la morte di mia mamma due anni prima. Ma no, non solo, con lui c'era William, il nipote carissimo, a cui aveva quasi fatto da padre. Eppoi aveva imparato a cucinare e quando andavo giù - eh, mi diceva, facendomi asseggiare
un qualcosa, - che ne dici ? - era orgoglioso.
E poi c'era Chicca, arrivata dalla Francia per fare Natale con lui. No, non era solo.
Due giorni prima io l'avevo sentito per telefono: come va papà, sarai felice con la figlia maggiore
che ti fa compagnia.....
Certo, certo, e tu quando vieni?
Ma quella mattina così, senza rumore se ne andò per sempre.
Non voglio parlare di dolore, racconterò invece uno strano episodio avvenuto
in occasione del suo funerale.
Il Partito Comunista, aveva fatto venire la banda musicale da Bova Superiore e Maria
Scordo, aveva provveduto ad allestire il funerale in forma Civile, dato che mio padre
è stato sempre comunista, anzi a Bova Marina, rappresentava il Partito stesso.
Ma......
Era arrivato a Bova Marina un nuovo parroco, da circa un mese o due, e come parroco si
presentò a casa nostra con queste parole:
- non ho avuto il piacere di conoscere vostro padre, ma da ieri molti fedeli mi raccontano di
lui, del bene che  ha  fatto a tutto il paese, sia da Sindaco, durante il suo mandato, sia
come sindacalista, come amico, come uomo. Per questo vi pregherei di portarlo in Chiesa
per potergli dare la benedizione.-
Ci siamo consulati, sorelle e fratelli e così abbiamo risposto: Nostro padre non ha mai dato
disposizioni, per il suo funerale e, visto che era tradizionalista e che sua mamma, nonna
Cristina, era religiosissima tanto da dire il rosario tutte le sere, acconsentiamo.
Così partì il corteo da via Senatore D'Andrea, facendo il giro lungo, verso piazza Vittoria,
dato che la chiesa della Madonna Immacolata era molto vicina, passando per la strada
statale, fermando il traffico, quindi davanti alla stazione e poi in Chiesa.
Davanti c'era il parroco, vestito di bianco con la croce e i chierichetti accanto, mentre
la banda musicale intonava l' Inno del Lavoratori.
Certo stava vivendo un momento molto imbarazzante per lui, che invece di recitare le preghiere,
doveva  ascoltare ... Su fratelli e su compagni......
Il corteo avanzava,  e dopo aver superato la piazza della Stazione, dopo un breve silenzio, la
Banda ricominciò a suonare.....Bandiera Rossa........

Dunque la Banda coi suoi piatti la grancassa, gli ottoni e via dicendo continuava: " Bandiera rossa la trionferà..."...
Ormai eravamo giunti sul sagrato, ma la Banda doveva pur finire il pezzo e non smetteva di suonare.
Allora il parroco, che si era fatto piccolo piccolo, entrò in Chiesa e, quando tutti fummo entrati,
da grande uomo, quale era, non ha fatto solo la benedizione, ma una Messa Solenne e Cantata, con
tutti i sacri crismi.

venerdì 21 dicembre 2012



                                  LETTERA  A  PASQUINO

Caro Pasquino, vorrei comunicarti la mia ammirazione nei tuoi confronti, che ho sempre coltivato
e mai espresso.
Persone come te arricchiscono il paese , sia con la manifestazione estiva "Poeti in Piazza", che tu
da molti anni porti avanti, non solo a Bova Marina, ma in moltissime cittadine calabresi, sia
con i tuoi libri, le tue critiche letterarie e le molte ricerche sui poeti calabresi.
La tua generosità verso la cultura in generale e la letteratura calabrese in particolare, è genuina e
sincera come il generoso vino rosso, che tu prediligi.
Sono amichevolmente legata a te, oltre che per amicizia riflessa, che c'era fra te e mio padre,
Domenico Larizza, anche dai ricordi dei viaggi in treno per raggiungere la scuola, quando tu
frequentavi la seconda media ed io la terza.
Lo studio e la volontà hanno coltivato il tuo talento e ti hanno portato ad alti livelli nella
capacità di scrivere, di sintetizzare, di inquadrare nel giusto mirino  ogni situazione.
In questi anni ho potuto constatare anche il tuo grande cuore:  ogni qualvolta dovevi
commemorare un amico, un poeta o un paesano degno di affetto,  non era difficile vedere
i toui occhi lucidi e sentire le tue parole commosse.
Sono orgogliosa di averti conosciuto fin da ragazzo; di aver sentito parlare con affetto di te
da mio padre, che per te nutriva affetto, stima e simpatia e con tanta tenerezza copriva
i naturali dissenzi di generazione o anche di idee o ideologie.
Accetta quindi la mia stima, la mia amicizia, anche se non coltivata, con l'augurio di continuare
ancora per  moltissimo tempo il nobile cammino, che hai intrapreso.
Teresa.

venerdì 14 dicembre 2012

                                      RICORDI DI BAMBINA.


In autunno, col pallido sole
nell'umido mattino, noi bambini,
sotto gli ulivi passavamo ore
cogliendo i frutti neri tra le spine.

            D'inverno poi, col buio ci accostavamo
            alla conca di rame e al suo calore,
            nella brace i piedini scaldavamo,
            pieni di spine e gonfi di geloni.

E... quando nel ruscello scendevamo
a prender l'acqua con la brocca in testa,
si attraversava la grande foresta.
Stanchi, al ritorno, nel ripido sentiero
bruciava il sole a picco su nel cielo.
          
             E quella volta poi, nella fiumara
             a catturare i granchi sotto i sassi,
             il sole e la sua arsura ci bruciava
             e il mormorio dell'acqua ci distrasse.

Saltando qua e là non sentivamo
una voce lontana che chiamava:
un'avventura allegra e spensierata
che con lacrime amare è terminata.

             A Marucumbu e a come eravamo,
             corre il ricordo e la memoria mia
             come acqua che zampilla e va lontono
             e ancor mi perdo nella nostalgia.

                                   

giovedì 6 dicembre 2012

                                      Commemorazione del poeta dialettale reggino
                                                    GAETANO PRIVITERA (lettera alla moglie).

Cara Anna,
è stato un momento intenso esserti stata vicina l'altra sera, quando la tua commozione era palpabile e
tu sembravi un uccellino tremante tra le mani di un bimbo.
I forti sentimenti ti facevano pulsare forte il cuore: l'orgoglio di sentire le subblimi parole di lode e di
ammirazione per il tuo caro marito, scomparso così prematuramente, ed il rimpianto di struggenti
ricordi che solo tu potevi sentire.
Ti conosco da poco, ma la simpatia e la sintonia che si sono create tra noi, somigliano un pò
all'amicizia, che non abbiamo potuto coltivare.
Spero di rivederti presto. Teresa.


domenica 4 novembre 2012

Quando morirò

                  
               Quando morirò,
                    non fate rumore
                non riempite i muri
                    col mio nome.

               Per il fatto che vado
                    nell'aldilà
               non voglio sia fatta
                    pubblicità.

venerdì 19 ottobre 2012

Giuseppina

                                                       Giuseppina.
Il 14 ottobre 2012  è morta Giuseppina, l'architetto Giuseppina, insegnante per un periodo di tempo,finchè la salute glielo ha permesso.



Giuseppina non voleva più soffrire.
Mentre guardava i vecchi genitori
pensava che era meglio assai morire,
se senza loro, poi dovea restare.
                     Sulla sua carrozzella condannata
                    curata come rosa, tanto amata,
                    col suo sorriso "mamma", poi chiamava
                    e la mamma vicino a lei correva.
E...se la mamma se  ne  fosse andata?
Giusy non lo permise,
Giusy ancora bambina
Giusy che chiuse gli occhi,
e....se ne andò per  prima.

                    
                                                    teresa

lunedì 1 ottobre 2012

Andrea

                                                              Poèmes à Andrèa

Petite enfant fragile
Petite enfant gracile
Hospitalisée comme une grande
Toi qui ne compte que 4 printemps
Petite enfant blessée
Petite enfant dépouillée
Depouillée de ta santè et de ton intimitè
Tant de soins douloureux
Ton regard courageux
Puisses tu bien vite respirer et enfin revenir
Toi le soleil de notre vie
Prés de tes chers parente et grads perents meurtris.

Pourquoi toi?
Pourquai cet accident là?
Comment l'accepter sans se révolter?
Sans maudire ce dieu absent ou indifférent.
Supporter le bonheur d'autrui sans dépit, sans envie.
Je n'ose imaginer quelle volonté il te faudra affronter
Mais je sais qu'au fond de toi, un jour proche ou lointain,
Peut ètre mème à portèe de main,
Cette force tu le trouveras et tu vaincras.



Piccola bambina fragile,
piccola bambina gracile,
ospedalizzata come una grande,
tu che non conti che 4 anni.
Piccola bambina ferita,
piccola bambina spogliata
spogliata della tua salute
e della tua intimità
con tanto di cure dolorose
e il tuo sguardo coraggioso.
Possa tu ben presto respirare
e finalmente risorgere.
Tu, sole della nostra vita
vicina ai tuoi cari genitori
e ai tuoi nonni straziati.


Perchè tu?, perchè quell'incidente?
come  accettare senza ribellarsi?
senza maledire quel dio assente o indifferente?
Sopportare la felicità altrui, senza rabbia, senza invidia?
non oso immaginare con quanta volontà
dovrai ciò sopportare
ma so che nel tuo profondo , un giorno prossimo o lontano
potrai avere egualmente, a portata di mano,
questa forza che tu troverai
e tu vincerai.
Marie Noel

sabato 14 luglio 2012

Marucumbu.

Marucumbu è una campagna sperduta dalle parti di Palizzi Superiore, dove ho trascorso, insieme a tutta la mia famiglia, la mia infanzia dai cinque agli undici anni, subito dopo la seconda guerra mondiale e dove, mancando la scuola, l'unica maestra era la Natura, che stimolava sogni e fantasie, pensieri e desideri. I ricordi di quel periodo sono vividi nella mia testa, come se invece dei quasi cinquant'anni fossero passati pochissimi.
Oggi, dopo una vita di lavoro, posso dire di essere contenta di me stessa, anche se non tutto è successo come avrei voluto, ma mi sono ripromessa, in questo spazio, per ora, di parlare ancora di quel periodo, come se rivivessi i miei cinque, sei, sette ...anni e tutte le emozioni legati a quel periodo.
Tornato dal confino politico mio padre, che aveva trascorso quattro anni all'isola di Lampedusa, ci trasferimmo in campagna Marucumbu. Lì c'erano i nonni materni Teresa e Saverio e tutte le loro proprietà, che erano tante, passarono in affitto ai miei genitori, avendo mio padre pagato un loro debito di cinquemila lire, con la banca: appunto il corrispondente dell'affitto per cinque anni.
Coi nonni c'era anche la zia Peppina, la più bella delle sorelle di mia mamma: aveva avuto un figlio, Peppineddu, senza essere sposata.
La mia famiglia allora era formata da mio padre, Mico, da mia madre Melina, dalla mia sorella maggiore Chicca (Cristina), da mio fratello Pino, da me Teresa, da Cilla, e dagli ultimi tre fratelli, nati
proprio in quella campagna: Fernanda, Fiorenzo, Iole.
..... Ricordo poi la vigna e i suoi filari
e di zibbibbo i grappoli maturi
i fichi d'india, i grilli le cicale
l'ora infuocata satura di odori,
di nepetella che ancor mi inebria il cuore.
A piedi nudi sui morbidi prati
raccoglievamo bianche margherite
e papaveri rossi tra il frumento:
noi sognavamo di andare via col vento
volare in alto in alto su nel cielo,
a cavalcioni sull' arcobaleno.


domenica 8 luglio 2012

L'ago della macchina Singer

L'ago della macchina da cucire Singer. (dal mio libro Marucumbo).
A quel tempo, così come non si vendevano scarpe, ma erano fatte su misura dal calzolaio, così non esistevano vestiti già fatti , nè si trovava facilmente la stoffa per farne. Melina era brava a cucire con
la macchina Singer, avendo imparato da sola, utilizava ogni vestito smesso, ogni pezzetto di stoffa, che con la sua grande abilità, tramutava in ottimi indumenti, specie per noi bambini. Sapeva anche
filare la lana, la stoppa fatta con la fibbra di ginestra e sapeva anche tessere nel vecchio telaio, messo in un angolo della casa. Faceva tela di ginestra per ruvide lenzuola e belle coperte di seta ricavate dal
filugello allevato in casa.
Proprio in quel periodo, ere appena finita la seconda guerra mondiale, ero rimasta a corto di vestiti, non c'era neanche uno scampolo che mia mamma mi potesse cucire.  Vestivo una gonnellina di lana
fatta ai ferri e una misera canottiera scolorita. Per questo motivo avevo ordine da mia mamma Melina, se passava qualcuno, ma era raro che da quella stradina di campagna che costeggiava casa
nostra passassero delle persone, di tenermi nascosta: così mal vestita potevo sfigurare.
Io però trovavo sempre il modo di comparire a sorpresa, non mi interessava la mala figura, volevo
vedere lo stesso un volto nuovo in quella solitudine di campagna.
Melina mi cucì dopo, un bel vestitino alla marinaretta, utilizzando due sacchetti di tela bianca che
servivano a contenere lo zucchero. Peccato che durò meno di un mese!
Bene, un giorno, mentre cuciva una stoffa un pò più dura, l'ago della Singer si ruppe. Lei si disperò,
si disperò, si disperò. Poi mi dette l'incarico di andare da Carlotta, se mi prestava il suo.
Carlotta era una signorina di circa quarant'anni,sua amica, forse l'unica, che abitava giù nella valle,
proprio di rimpetto a noi. Ci andai volentieri, anche se faceva un gran caldo, perchè la sua casa mi
piaceva, tutta bianca tra il verde dei fichi d'india e ben ordinata dentro. Nella cristalliera aveva poi un
cavalluccio di legno che mi dava da tenere e da giocare per un pò. Inoltre Carlotta mi piaceva perchè
voleva bene a mia mamma e come lei cantava una canzone che stimolava molto la mia fantasia,
cantata da Rabagliati e si intitola "Vento". "Sussurra il vento come quella sera, vento d'aprile, di
primavera.........". Era l'unica canzone che sentivo cantare a mia madre o forse la sola che ricordo
perchè lei non si lasciava andare ad essere spensierata e felice.
Ma torniamo all'ago per la macchina da cucire. Dunque Carlotta mi diede l'ago, appuntandolo su un
pezzetto di carta e mi raccomandò di non perderlo, perchè aveva quello solo.
Presi la via del ritorno, nel gran caldo dell'ora più assolata e con la testa piena di fantasie dei miei
nove anni. Sudata ed accaldata, quasi stordita, camminavo lenta tra il viottolo costeggiato di fichi
d'india spinosi, accompagnata dall'assordante frinire delle cicale. Sognavo viaggi.  Sognavo terre e paesi lontani e, guardando verso il poggio di San Giovanni, speravo di vedere arrivare da Palizzi,
Maria e Giuseppina,le mie carissime cugine e compagne di giochi, così poco frequentate ma così desiderate: "Ciao Giuseppina, ciao Maria, come sono felice di vedervi! Sapete cosa stavo pensando?
Che proprio voi stavate arrivando da Palizzi ed io vi dicevo: sapete cosa stavo pensando....? e ripetevo questo discorsetto tra me e me, perchè Giuseppina e Maria non c'erano se non nel desiderio
di vederle. Intanto che inseguivo queste fantasticherie, via via passando tra i fichi d'india, con l'ago
prezioso della macchina da cucire, facevo piccoli disegni sulle pale spinose ( pittari ), incidendo
fiori e casette, alberi e farfalle. Tra un sogno e un disegnino, sotto il caldo sole dell'estate, attraversai
tutta la Carcara ed entrai nella frescura della foresta, dove iniziava la salita verso casa.
Ah, finalmente un pò d'ombra, ma.... dov'è l'ago, dov'è finito ? Come farò a tornare a casa? Oh nonna
Teresa perchè non passi di qua e mi vedi mentre piango e mi aiuti? Perchè non vai tu da mia mamma e glielo dici tu che ho perso l'ago? Ma la nonna non c'era e toccò a me affrontare la furia di Melina da sola. Melina infatti si disperò si disperò e si disperò (era nella sua natura) ed io mi sentivo l'artefice
di una grande disgrazia. Il senso di colpa era IRREPARABILE. Mi sentivo piccola piccola e volevo
morire. Poi Melina si calmò, si fece raccontare da me quello che avevo fatto e dove pensavo di aver perso l'ago. "Fino alle pittari della Carcara ce l'avevo" e così, passando palmo a palmo le pittari riuscì a trovarlo e per quel giorno la bufera finì.

giovedì 5 luglio 2012